sabato 30 maggio 2009

Analisi della pecora italica


Cos'ha portato l'Italia dov'è? Perché non siamo in grado di reagire? Queste sono due delle domande alle quali tento, qui, di trovare risposta...
Partiamo dalla pecora, l'italiano cioè. Voi direte: non sono io, non mi sento pecora... forse questo è anche vero, ma smettete di belare... mi riferisco alla media italica e quindi se pensate che la cosa non vi riguardi, in realtà è perché siete al di sopra o al di sotto di un confine arbitrario. Sto parlando della maggioranza di noi, di chi ha portato al successo Silvio Berlusconi e una mentalità a lui collegata.
Facciamo un riepilogo: siamo una giovane Repubblica e questo può giustificare solo in minima parte il non saper pensare con la nostra testa, infatti le cause dei nostri mali sono ben altre. Siamo sempre stati propensi storicamente ad essere "educati" come pecore, ossequiosi nei confronti di una mentalità cattolica che ci insegna a delegare, a cercare fuori delle risposte che intimamente dovremmo trovare in noi stessi... "Geneticamente" predisposti a sottostare ad un padrone, siamo una popolazione abituata a curare il nostro orticello a danno del bene comune, e a venderci facilmente a chi ci permette di farlo, o a chi ce ne da l'illusione...
L'esercizio del potere ha sempre teso al controllo creando dipendenza, sottomissione, disinformazione delle masse per "pascolare meglio il gregge" e mantenere inalterato lo status.
La Chiesa non ha il "merito" di essere il solo "pastore": abbiamo altri centri di potere quali la mafia, la massoneria, servizi segreti e la politica, quella della prima Repubblica del parlare "politichese" e soprattutto quella odierna del controllo mediatico e sintesi dei cinque poteri. Non c'è che dire, non ci facciamo mancare nulla!
Il cittadino italico nasce in questo clima, in una società dalle chiare attitudini al vuoto di pensiero e al qualunquismo... e come agli antichi romani veniva dato in "pasto" il gladiatore, oggi viene offerta la venerazione per il "Dio calcio" e le veline.
Quelli odierni sono i tempi dell'informazione, del mondo globale, dei network... dunque si potrebbe dedurne una graduale emancipazione dal pensiero indotto... in verità non è così e in Italia gli strumenti di controllo stanno vivendo l'evoluzione della specie in totale stile darwiniano: se il problema nel gestire le pecorelle era la sana informazione e il libero pensiero, la sopravvivenza della specie "potere" è avvenuta attraverso il monopolio dell'informazione stessa. Nasce il "regime mediatico", dittatura di fatto con il sottile guscio della democrazia.
Il controllo dei media è avvenuto in Italia ma non accade e non potrebbe accadere (in queste proporzioni) in nessun paese civilizzato e democratico degno di questo nome. E' un fatto che la libertà di informazione e la pluralità di voci sono alla base di una democrazia: ergo, siamo un popolo poco civile e ancora meno democratico mentre la pecora italiana, tronfia, pensa di se esattamente il contrario... sono i media a dirglielo.
Impaurita per lo straniero demonizzato che le ruba i verdi pascoli, non si rende conto che per comprendere la causa delle sue miserie basterebbe uno specchio. Come un drogato si lega al suo spacciatore, così l'italiano si affida alla protezione del presunto "buon pastore", in realtà il suo puscher di paure e tosatore della sua lana. Oltre alla xenofobia, che trova proseliti tra la pesante e vergognosa eredità nazi-fascista, alla pecorella vengono indotti concetti quali: è un bene il bipartitismo (che invece favorisce l'oligarchia dei poteri forti), è indispensabile l'energia nucleare (sorpassata, dannosa e già rifiutata con un referendum), e ancora il concetto che l'eletto dal popolo può agire al di sopra della Legge.
Il nostro retroterra culturale unito al controllo mediatico: miscela sottovalutata, tuttora non compresa, che non eravamo pronti a fronteggiare e che ci ha visti travolti.
Al di la della carta d'identità, l'italiano medio ha, nei confronti dei media, una formazione mentale di un dodicenne e come tale viene trattato. Coscienza critica al lumicino, è sottoposto a tecniche di programmazione neuro linguistica e di controllo neuro-associativo da professionisti nel settore. Come la televisione, ai suoi albori, ci ha aiutato nell'alfabetizzazione... oggi ci atrofizza e ci spinge nella regressione. La mancata reazione a tutto questo è dovuta anche all'incoscienza della nostra condizione, mentre chi invece è cosciente fornisce una resistenza numericamente insufficiente e comunque non pubblicizzata, racchiusa nella sua maggioranza nella nicchia del web. Internet non regge, per ora, il confronto con il giornalismo dei canali tradizionali, ma offre un punto di riunione importante per il libero pensiero. Forse dall'esterno, dall'Europa più sana, ci si può aspettare un aiuto.... oppure dobbiamo attendere una fisiologica riorganizzazione interna che può durare anche molti anni, tenuto conto dei danni che si stanno perpetrando nelle nuovi generazioni. Per la pecora italica, oggi come nel prossimo futuro, è destino che sia Pasqua ogni giorno.
Chi ha il monopolio dei maggiori media di una Nazione ha il controllo della stessa: "pilota" i costumi e sposta i paletti della morale... è il colpo di Stato perfetto, nell'apparente legalità. Da noi è stato "covato" con la complicità della corruzione e sete di successo... e si è concretizzato nel finire della prima Repubblica approfittando del vuoto di potere di un sistema già di per se corrotto. Un uomo, a cui lascio la chiusura, prima di altri aveva avvertito il potenziale pericolo a cui eravamo esposti:

"La responsabilità della televisione in tutto questo è enorme. Non certo in quanto "mezzo tecnico", ma in quanto strumento del potere e potere essa stessa. Essa non è soltanto un luogo attraverso cui passano i messaggi, ma è un centro elaboratore di messaggi. È il luogo dove si fa concreta una mentalità che altrimenti non si saprebbe dove collocare. E' attraverso lo spirito della televisione che si manifesta in concreto lo spirito del nuovo potere. Non c'è dubbio (lo si vede dai risultati) che la televisione sia autoritaria e repressiva come mai nessun mezzo di informazione al mondo. Un giornale fascista e le scritte sui cascinali di slogans mussoliniani fanno ridere: come (con dolore) l'aratro rispetto a un trattore. Il fascismo, voglio ripeterlo, non è stato sostanzialmente in grado nemmeno di scalfire l'anima del popolo italiano; il nuovo fascismo, attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e di informazione (specie, appunto la televisione), non solo l'ha scalfita, ma l'ha lacerata, violata, bruttata per sempre."

Pier Paolo Pasolini [L'articolo era apparso sul "Corriere della Sera" il 9 dicembre 1973 con il titolo "Sfida ai dirigenti della televisione"


lunedì 25 maggio 2009

La mia lacrima (di uomo)

Siamo in un momento difficile, un tempo in cui cadono le braccia e girano lacrime da "caimano" che al solo sentirle viene veramente da piangere. Ma non è di un pianto figurato che voglio parlare... né, per una volta, voglio andare a parare in politica se non di striscio... bensì voglio occuparmi di un'affermazione che riguarda lacrime tangibili, umide... di uomo.
Un uomo vero non piange: quando mi imbatto in questo concetto penso alla mentalità patriarcale che intende l'uomo al di sopra non solo della donna, ma della natura tutta, portandolo a sforzarsi di essere artificialmente al di sopra di quello che semplicemente è: un essere umano. Questa mentalità, in parte relegata al passato, la troviamo ancora presente e ben radicata. Me la immagino sulla bocca dei "celhoduristi" (uomini piccoli come coriandoli dispensatori di luoghi comuni) o comunque nella cultura di alcune nostre terre, che faticano ad introdurre prospettive innovative e nuovi equilibri sociali: ne consegue anche il retaggio femminile che interpreta e associa al pianto del maschio la mancanza di sicurezza che questo può offrirle (ma dove sta scritto che debba sempre offrirla lui?) e in alcuni casi determina la diminuzione dell'appeal nei suoi confronti.
Mi scuserete, ma non ho mai interpretato il pianto di un uomo come sinonimo di debolezza, ma come un'espressione, a volte anche molto bella, di sé. Uno sfogo che, se condiviso, apre al regalo dell'intimità e della fiducia, che viceversa è finanche ammirevole di coraggio.
Può versare lacrime per la nascita di un figlio o per il dolore di un amore o un amico/a che va via e non sa se ritornerà. O ancora, ma qui è più socialmente accettato, per la morte... per una catastrofe naturale o dovuta all'uomo stesso... e allora può piangere, insieme, per il dolore e la mediocrità dei propri simili.
In ogni caso il pianto è una manifestazione di un sentimento vero, libero dalla maschera di un ruolo in una società che sembra assegnarcene di continuo, tanto più importante quando fiction e reality hanno travalicato gli schermi tv e ci hanno resi protagonisti (e prigionieri) di un set... e dove l'anonimato di una chat ha reso possibile lo stravolgimento del nostro vero relazionarsi con l'altro. E ancora: tanto più importante quando il pianto è maschile, andando a rottura di determinati schemi.
Ne rivendico la pratica nell'uomo in quanto espressione di vita autentica, senza l'ombra della vergogna... perché di vergognarci (tutti) c'è n'è per cose ben più serie ed eclatanti. Augurandovi un futuro di sorrisi, vi lascio La mia lacrima:

La mia lacrima

Sto per nascere… mi sento pian piano crescere,

la mia forma sta per essere compiuta…

Da un'emozione arrivo d’improvviso all’insaputa…

Un po’ rotonda o forse un po’ ovale,

arrivo, lo sento, anche se non vuole…

La gravità è nel mio futuro destinata,

abbandonare chi per amore mi ha creata…

Vedere allontanarsi il suo grande iride azzurro,

solcare una guancia, come una lama nel burro.

Sono una lacrima dal sapore un po’ salato,

che sul foglio, un giorno qualcuno, qui ha versato...

domenica 17 maggio 2009

BlogNews nuova Zion. Noi i risvegliati...

Spinti da un'urgenza di vera libertà e informazione, di quella che cercano le nostre mani e vedono i nostri occhi: chiamateci blogger o se preferite "i risvegliati" da un sonno-Morfeo che ha colpito i nostri amici, fratelli e genitori... in molti casi noi stessi.
Alcuni non sanno perché siano in questo tempo e in questo spazio: ma nessuno è qui, tranne poche eccezioni, per protagonismo stile "Italia uno".
Siamo stati chiamati da qualcosa che stonava, che non andava nella quotidianità delle nostre vite, e un grido si faceva strada dalla gola e cercava sfogo per essere emesso.
Siamo stati chiamati da qualcuno che ci ha bussato sulla spalla per farlo a nostra volta ad altre centinaia e offrire il nostro punto di vista, la pillola rossa di una scomoda conoscenza.
BlogNews, come una nuova Zion, ci offre riparo da un virus che ha infettato il nostro mondo e sta formando le nuove generazioni come numeri e pile di un sistema da cui succhiare, e ridurci ad un involucro senza coscienza critica.
Dalla nostra nicchia, dal centro di una blog-sfera senza destra né sinistra frutto di un programma, a migliaia di chilometri da una superficie di superficialità mediatica, ci riorganizziamo, ci confrontiamo, ci votiamo: ma non basta. Noi sappiamo chi siamo, di cosa stiamo parlando, altrimenti non saremmo qui... ma non basta.
Abbiamo capito (o lo stiamo per fare) che non c'è un eletto, ma un frammento di esso in ognuno di noi e che uniti possiamo, dal basso, preparare la nostra controffensiva.
Ci sarà il tempo, non ora, in cui da qui produrremo un terremoto che sconquasserà gli automi del potere e ne vedremo fuggire i suoi servi. Un tempo in cui i mezzi di controllo dovranno cedere all'unica fonte di confronto attendibile alla quale le nuovi generazioni future attingeranno per poi parteciparne attivamente.
Fino a quel momento formiamo la Resistenza, chiediamo la Resistenza... noi siamo la Resistenza.

venerdì 1 maggio 2009

Buon Primo Maggio, ai superstiti...

Buon primo maggio a tutti i lavoratori.
Tra questi il pensiero va anche ad una categoria (erroneamente) non inclusa nei pensieri di questo giorno quale quella della casalinga, o casalingo che sia. Il suo lavoro, spesso non apprezzato e riconosciuto, troppe volte dato per scontato, contribuisce non solo al buon andamento di una casa, ma anche alla gestione e al risparmio delle risorse economiche. Casalinga e mamma poi è doppio lavoro, dunque buona festa dei lavoratori anche a voi, nella speranza che in questo giorno siate sollevati da alcuni dei compiti giornalieri e vi godiate un po di sole.
Ma il pensiero in questo giorno va anche a chi il lavoro non ce l'ha e vorrebbe tanto sentirsi parte di questa festa che, per certi versi, prende le forme della presa in giro. Un augurio a chi è disoccupato, a chi, con questa crisi (sono migliaia) ha perso il lavoro... tanti auguri a chi il lavoro e non solo quello lo ha perso per un terremoto, anzi, mi correggo, per l'incuria e la superficialità, per la speculazione dell'uomo, per la mentalità di questo paese. Auguri a chi lo ha perso per fare la cosa giusta e il proprio dovere a dispetto del "potere che lo ha tagliato".
Buon primo maggio ai superstiti che, dunque, un lavoro ce l'hanno ed è onesto.
Infine i "contro" auguri:
Un non buon primo maggio a tutti quelli che hanno speculato nelle costruzioni, a chi un lavoro ce l'ha al servizio della malavita, a chi lo ha avuto scendendo a certi compromessi, a chi ce l'ha per raccomandazione alle spalle di un altro. Un cattivo primo maggio agli sfruttatori dei lavoratori, ad una classe politica che "lavora" per i propri interessi e non per quelli comuni del paese e sciala ed elargisce poltrone per comprarsi voti e persone. Un non buon primo maggio a chi si è lasciato comprare, agli opportunisti al servizio dei padroni di turno.
A tutti questi, prima di sentirsi parte di questa festa, prima di mangiare fava e pecorino, consiglierei di guardarsi allo specchio, vedersi negli occhi per scoprire se sono degni di questo giorno... ma molto probabilmente non vedrebbero che il superficiale di sé, non riuscendo a penetrare il marcio della propria coscienza...