TRA GLI UOMINI
Scoprii
presto, raggiungendo il paese nei giorni a venire, che non era affatto quello
che mi avevano indicato il nome del posto, né che fosse il nome di una sua
frazione circostante: quando me ne uscii ne risero e, capendo che non fossi di
lì, mi spiegarono che Dùelle, in quell’area, significava più o meno “in nessun
luogo”.
Forse
anche per questo mi presero a ben volere, ed in particolare una famiglia mi
invitò spesso a stare a mangiare con loro. Io contraccambiavo rendendomi utile
in qualche piccolo lavoro per la casa o in qualche mansione per i campi: almeno
in quei primi quindici, venti giorni, pur sofferente, ero in grado di poterlo
fare.
In
un paese non è mai semplice nascondere qualcosa: scoprii anche che le mie gesta
notturne in compagnia dei miei amici lupi, in qualche modo, non erano passate
inosservate; allora sentii le più strampalate storie su quanto quella notte il
“licantropo” avrebbe fatto con la sua schiera al seguito. Sembra fosse morta una
quantità spropositata di bestiame, e, a macchia d’olio, le persone che mi
avevano avvistato nei più disparati luoghi si moltiplicarono.
La
leggenda dell’Uomo Lupo era ben radicata sul posto: si diceva fosse una
malattia che facesse crescere il pelo su tutto il corpo e spingeva a
comportamenti quali quello di tuffarsi negli specchi d’acqua. Morso contagioso,
pallottole d’argento: mi venne di pensare che non fossi stato il primo a vivere
quegli avvenimenti, forse ce ne erano stati altri in passato, dopo i quali si
erano costruite legende che andavano poi tramandandosi. Del resto, anche il
colore delle mie e delle sue ali, che rispecchiava in Primordia la propria diversa
natura dell’anima, riconduceva sulla Terra alla figura di angeli o demoni con le
relative accezioni di bene e male che non avevano motivo alcuno di essere: era
interessante toccare con mano quanto il mio mondo natale avesse influenzato la
cultura terrestre nei millenni e quanto quest’ultima condisse di favole e fantasia
una realtà di cui avevano scarsa conoscenza.
Quegli
strani pensieri svanirono velocemente dalla mia testa.
Ogni
notte il capo branco discendeva la montagna solitario e depositava del cibo
alla mia porta: quando un lepre, quando un fagiano… una volta anche una
porzione di cinghiale; provvedevo a cuocerlo nel camino di notte, per ovviare
al caldo, o all’esterno il giorno.
Non
si faceva vedere, forse perché gli avevo intimato di non scendere a valle, ma
lo sentivo da dietro alla porta, per quanto fosse attento a non fare rumore. Non
dormivo molto e le ore della notte erano un ripasso di quanto avvenuto, misto ad
interrogativi sul prossimo futuro. Mi avrebbe trovato? Sapevo che avrebbe fatto
tutto quanto fosse stato in suo potere. L’incognita è quanto avrei ancora
resistito: ogni giorno la respirazione si faceva più affannosa ed ero più
debole.
Non
raccontai chi realmente fossi a quella famiglia né a nessuno, non avrebbero potuto
capire. In quel breve periodo legai moltissimo con quelle persone così
genuine. Sembravano felici in quella
terra e, lo ammetto, invidiai quella loro semplicità e il rapportarsi alla
vita. Per me era tutto molto più complicato ed ogni giorno che passava sentivo
la vita scorrermi via. Arrivò il momento in cui mi videro in palese difficoltà:
gli parlai di una malattia progressiva, non era poi tanto distante da ciò che
era. Si preoccuparono molto e a rotazione mi vennero spesso a trovare.
Non
sapevo se il tempo che era trascorso per me fosse lo stesso per lei: non ero
stato inviato sulla Terra la sera di quella festa di compleanno al castello.
Nelle poche ore che dormivo la sognavo spesso: parlavamo, vivevo con lei scene
di quel mio soggiorno terrestre, mangiavamo, ridevamo, a volte era presente la
Bestia e si combatteva, ma a volte ci abbracciavamo…
Avevo
sentito parlare del Festival dei Due Mondi in una località vicina… ci sarei
voluto andare: forse poteva considerarlo un vago indizio per trovarmi, ma era
troppo tardi perché potessi farlo con le mie gambe. Negli ultimi giorni di quel
mese mi muovevo ormai poco dal letto ed ero allo stremo. Frequentavo sempre più
il sogno che il mondo reale. Anche gli amici lupi, radunatisi per la successiva
Luna piena intorno alla casa, rimasero accucciati a vegliarmi, senza vedermi
aprire la porta.
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