giovedì 5 dicembre 2013

Tra gli uomini

Cliccate sulla copertina per visionare introduzione e i capitoli precedenti de Le Ali dei due Mondi


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TRA GLI UOMINI






Scoprii presto, raggiungendo il paese nei giorni a venire, che non era affatto quello che mi avevano indicato il nome del posto, né che fosse il nome di una sua frazione circostante: quando me ne uscii ne risero e, capendo che non fossi di lì, mi spiegarono che Dùelle, in quell’area, significava più o meno “in nessun luogo”.
Forse anche per questo mi presero a ben volere, ed in particolare una famiglia mi invitò spesso a stare a mangiare con loro. Io contraccambiavo rendendomi utile in qualche piccolo lavoro per la casa o in qualche mansione per i campi: almeno in quei primi quindici, venti giorni, pur sofferente, ero in grado di poterlo fare.
In un paese non è mai semplice nascondere qualcosa: scoprii anche che le mie gesta notturne in compagnia dei miei amici lupi, in qualche modo, non erano passate inosservate; allora sentii le più strampalate storie su quanto quella notte il “licantropo” avrebbe fatto con la sua schiera al seguito. Sembra fosse morta una quantità spropositata di bestiame, e, a macchia d’olio, le persone che mi avevano avvistato nei più disparati luoghi si moltiplicarono.
La leggenda dell’Uomo Lupo era ben radicata sul posto: si diceva fosse una malattia che facesse crescere il pelo su tutto il corpo e spingeva a comportamenti quali quello di tuffarsi negli specchi d’acqua. Morso contagioso, pallottole d’argento: mi venne di pensare che non fossi stato il primo a vivere quegli avvenimenti, forse ce ne erano stati altri in passato, dopo i quali si erano costruite legende che andavano poi tramandandosi. Del resto, anche il colore delle mie e delle sue ali, che rispecchiava in Primordia la propria diversa natura dell’anima, riconduceva sulla Terra alla figura di angeli o demoni con le relative accezioni di bene e male che non avevano motivo alcuno di essere: era interessante toccare con mano quanto il mio mondo natale avesse influenzato la cultura terrestre nei millenni e quanto quest’ultima condisse di favole e fantasia una realtà di cui avevano scarsa conoscenza.
Quegli strani pensieri svanirono velocemente dalla mia testa.
Ogni notte il capo branco discendeva la montagna solitario e depositava del cibo alla mia porta: quando un lepre, quando un fagiano… una volta anche una porzione di cinghiale; provvedevo a cuocerlo nel camino di notte, per ovviare al caldo, o all’esterno il giorno.
Non si faceva vedere, forse perché gli avevo intimato di non scendere a valle, ma lo sentivo da dietro alla porta, per quanto fosse attento a non fare rumore. Non dormivo molto e le ore della notte erano un ripasso di quanto avvenuto, misto ad interrogativi sul prossimo futuro. Mi avrebbe trovato? Sapevo che avrebbe fatto tutto quanto fosse stato in suo potere. L’incognita è quanto avrei ancora resistito: ogni giorno la respirazione si faceva più affannosa ed ero più debole.
Non raccontai chi realmente fossi a quella famiglia né a nessuno, non avrebbero potuto capire. In quel breve periodo legai moltissimo con quelle persone così genuine.  Sembravano felici in quella terra e, lo ammetto, invidiai quella loro semplicità e il rapportarsi alla vita. Per me era tutto molto più complicato ed ogni giorno che passava sentivo la vita scorrermi via. Arrivò il momento in cui mi videro in palese difficoltà: gli parlai di una malattia progressiva, non era poi tanto distante da ciò che era. Si preoccuparono molto e a rotazione mi vennero spesso a trovare.
Non sapevo se il tempo che era trascorso per me fosse lo stesso per lei: non ero stato inviato sulla Terra la sera di quella festa di compleanno al castello. Nelle poche ore che dormivo la sognavo spesso: parlavamo, vivevo con lei scene di quel mio soggiorno terrestre, mangiavamo, ridevamo, a volte era presente la Bestia e si combatteva, ma a volte ci abbracciavamo…
Avevo sentito parlare del Festival dei Due Mondi in una località vicina… ci sarei voluto andare: forse poteva considerarlo un vago indizio per trovarmi, ma era troppo tardi perché potessi farlo con le mie gambe. Negli ultimi giorni di quel mese mi muovevo ormai poco dal letto ed ero allo stremo. Frequentavo sempre più il sogno che il mondo reale. Anche gli amici lupi, radunatisi per la successiva Luna piena intorno alla casa, rimasero accucciati a vegliarmi, senza vedermi aprire la porta.

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