COMPIMENTO
Le
stelle erano meravigliose sopra quella valle. La Via Lattea ne sfoggiava a
milioni, e, insieme all’Orsa Maggiore, rubava gli occhi ad una Luna discostata
e lattiginosa, velata come a nascondere un mistero o una commozione.
Una
stella si staccò da quel quadro: la sua traiettoria rigò il cielo con la luce e
la velocità di un lampo. Sembrò partire proprio da quella Luna e, attraversato
il firmamento, indicare un punto preciso di quella valle. Esprimete un
desiderio: stanotte tutto è possibile.
La nebbia sopra di noi assunse un moto rotatorio a formare un coro
impalpabile occupato da altrettanti inconsistenti figure canute, al centro del
quale era ora possibile ammirare la stellata. Fluttuava il Sommo, sorridente,
al centro dell’architettura circolare: osservava la scena che si sviluppava
sotto di lui.
Il bagliore bianco s’impadronì di ogni cosa.
Il giorno dopo, per il paese, girarono molte versioni
dell’accaduto: chi parlò di un meteorite che si era abbattuto nella campagna,
chi di un’esplosione sorda dovuta chissà a quale gas fuoriuscito dal terreno.
La più accreditata fu quella dello sbarco di un ufo; c’era chi giurava di avere
avvistato, da lontano, anche i suoi occupanti camminare tra i boschi.
I
lupi ci sollevarono dal terreno e ci presero in groppa, evitando i percorsi più
battuti alla saggia guida del loro capobranco. Raggiunsero infine la piccola
casa.
L’amico
lupo si infilò da una finestra lasciata socchiusa, riapparendo dalla porta al
lato opposto del salone.
Ci
adagiarono sul letto, distesi l’uno al fianco dell’altra, in posizione fetale,
riprendendo subito la via per i monti, tutti meno il loro capo: lui rimase
nella stanza ancora due lunghi minuti, per salutarci. Venne da te, leccò la tua
faccia, poi la tua mano che fuoriusciva dal perimetro del letto e vi mise il
suo capo sotto.
Poi
venne da me e fece altrettanto. Se ne andò sapendo che non ero più solo e non
avevo più bisogno della loro presenza: non li rividi mai più.
Quando
ripresi i sensi il sole filtrava tra gli scuri.
Vidi
i suoi capelli, la sua bianca schiena e frenai l’impulso di destarla. Restai ad
osservarla mentre la felicità rese incerti i contorni e raggiunse il tessuto
del cuscino.
Rimasi
ad ascoltare il sentimento nell’assenza di suono che veniva sottratto al mondo
intorno e tutti gli altri mondi. Era a pochi centimetri ed era ancora così
tanto: la distanza tra il sogno e il reale compimento delle nostre esistenze.
La
abbracciai dolcemente, per non interrompere il suo riposo ed il suo respiro
regolare.
Godetti
dell’odore del suo collo, facendo aderire il mio corpo al suo come in un
incastro che non aspettava altro di vedersi comporre, e mi addormentai così.
Nessun commento:
Posta un commento
lascia un commento e per cortesia firmati ;-)