LUNA TERRESTRE
I
lupi scesero dalle montagne per radunarsi intorno alla piccola casa quella
notte.
Avevo
trovato la porta socchiusa di quella che sembrava un’abitazione disabitata da
settimane, forse utilizzata al servizio della lavorazione della terra
circostante. Il proprietario doveva aver dimenticato di chiudere, preso chissà
da quali urgenti pensieri. Mi ero disteso sul letto e credo di aver perso quasi
subito i sensi, proprio mentre, nella mia mente si accavallavano le sue
immagini e quelle della mia magica terra.
Furono
loro a farmi ritornare da un pesante buio senza immagini né suoni: i loro
flebili ululati che sembravano provenire da un’altra dimensione e che si
facevano sempre più acuti e forti alle mie orecchie, fino a farmi aprire gli
occhi e a farmi realizzare che ero io ad essere piombato in un'altra dimensione
ovattata e a provenirne.
Mi
sollevai stordito.
I
primi istanti mi servirono per riprendere coscienza di dove fossi e il perché:
la difficoltà alla gola e allo stomaco mi aiutarono a realizzare velocemente.
Davanti ai miei occhi, nella penombra della stanza, mi sembrò di visualizzare
la sua sagoma tra le ombre che i raggi Lunari disegnavano filtrando tra le
fessure degli scuri: accennai ad allungare una mano per poterla toccare…
I
richiami si intrecciavano tra loro e nella mia testa: mi reclamavano fuori, mi
attendevano: avvertivano lo spirito del grande Lupo Bianco che mi apparteneva
ed erano scesi in numero, sopravvenendo ad ogni istintiva prudenza.
Aprii
la porta e ne trovai una dozzina. Il loro capo si fece avanti guardandomi negli
occhi poi distolse lo sguardo e si avvicinò a me con la coda posizionata tra
gli arti posteriori, raggiunse la mia mano destra e dapprima la leccò, poi mise
il suo capo sotto di essa, come a suggerire una carezza.
Non
avevo mai visto dei lupi terrestri: erano molto più piccoli di quelli di
Primordia e di una coloritura diversa; la Luna che si stava alzando nel cielo
proiettava a terra le sagome dei grandi alberi circostanti e regalava il
marrone e l’argento del loro manto.
Non
avevo nemmeno mai visto quella Luna così tonda, non mi era capitato nelle
visite in quel Mondo, a volte forse coperta dalla nebbia. Al suo lento alzarsi
nel cielo stellato capii che gli effetti sul mio corpo e nella mia anima erano
simili a quelli dell’allineamento delle tre Lune in Primordia.
Sentivo il sangue ribollire, anche il suo sangue,
umano e di ala nera, nel mio: ora più che mai dovevo averla accanto a
me... dovevo averla.
Mi
si sprigionò una rinnovata energia e corsi con i miei nuovi compagni sulle
montagne, tra i faggeti.
Mi
si sprigionò una rinnovata energia e corsi con loro nelle montagne,
tra i faggeti. Chiamammo insieme la Luna, chiamai lei, mi bagnai nelle fonti.
La testa sembrava esplodere, l’anima sembrava esplodere, il corpo non mi
conteneva.
La
Luna scese dietro l’orizzonte: mi placai al buio che aveva lasciato nella
valle…
Mi
incamminai di nuovo giù, verso quella casa, sfinito; il branco mi seguiva: mi
riaccompagnò fino alla porta come per rassicurarsi del mio destino.
“Non
tornate più qui: gli uomini non sanno mantenere l’equilibrio con la natura...”
Il
loro capo mi salutò, lo accarezzai a lungo e lo ringraziai. Ringraziai tutti
loro, poi tornai dentro ad aspettare il sole.
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