lunedì 9 dicembre 2013

Tardi

Cliccate sulla copertina per visionare introduzione e i capitoli precedenti de Le Ali dei due Mondi


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TARDI





Le scrissi dei pensieri, cose che le avrei voluto dire:

Non ho più ali, ma per librarsi non servono quelle né uno specifico mondo… e non ha senso farlo soli...
Credo ci si possa superare andando oltre quel che siamo individualmente, nel rispetto della propria natura; che siamo in grado di essere altro da un diverso colore d’ali, in grado di andare al di là del tempo e lo spazio, del bene e male, delle asettiche regole di un mondo lontano dal proprio sentire… Questo è l’unico vero amare, con le maiuscole: un amore che si fa legge tra le leggi, un amare un po’ diverso come diversi siamo noi…
Credo che la vita, come l’amore, sia dinamica. Credo nella libertà di scegliersi ogni giorno e che ogni giorno ci si possa dare la possibilità di trovarsi o di perdersi…
…Credo a quel senso di oppressione alla gola che toglie il respiro se solo non mi sei vicina...

Ti amo

Piegai il foglio in quattro parti e lo riposi sul marmo del comodino come si affida un messaggio in bottiglia alla corrente marina, senza sapere se quelle parole avessero mai potuto raggiungerla o avessero mai potuto raggiungere altro sguardo… Pensai poi che, come tanti pensieri nelle bottiglie, anche questo poteva finire su una spiaggia disabitata ed essere ricoperto dall’oblio della sabbia… Ma forse era importante averlo formulato a prescindere. Forse, per il solo fatto di averlo concepito, poteva comunque entrare a far parte del patrimonio di quel mondo, o di tutti i mondi… ed infilarsi comunque in qualche fessura del cuore, magari attraverso il respiro…

Resistivo per lei, per il peso che ne avrebbe potuto sentire e che così tanto le avrebbe pesato sull’anima.
In Primordia mi ero scoperto a vivere e ad essere una sola cosa al suo fianco: in questo mondo morivo se non l’avevo vicina, questo mi fu chiaro dal primo momento che vi misi piede.
Era un male fisico che mi arrivava fino all’anima, o che di lì partiva rendendosi materiale.
Non c’è una vita dopo la morte.
Gli umani si interrogano, inventano moltitudini di dei e religioni, sprecano montagne di carta provenienti dagli alberi per raccontarsi la vita dopo la vita, un paradiso, un valhalla o un inferno. Invece nulla, non c’è assolutamente nulla: meno che il buio. Nemmeno il pensiero. Semplicemente non sei, e quel che sei rimane nel ricordo, nelle azioni. nella traccia che è rimasta nelle persone che hai incontrato, che hai amato e che ti hanno amato.
Me ne andai da quella piccola casa: non dalla porta, nemmeno dalle finestre, dal comignolo o dalle pareti.
I lupi mi vegliarono tutta la notte e quando capirono che non c’ero più gli ululati echeggiarono nella valle, si fecero strada nel buio e nel silenzio della notte, tra gli alberi, raggiungendo i caseggiati del paese, le strade, i ruscelli, gli altri animali: era il loro modo per dirmi addio.
Sembrava stessi dormendo: così mi trovarono quei miei nuovi amici, la mia nuova famiglia, la mattina successiva.
Non era arrivata, non in tempo: forse era destino; forse doveva andare così; forse era giusto così.
Del resto le cose sarebbero andate tutte al loro posto: La Bestia sarebbe tornata quella di uno, la sua, come moltissime altre, perché con me portavo via anche la mia parte di rabbia, dolore, umana paura.
Primordia ed il suo Mondo erano fuori pericolo.
Lei avrebbe potuto continuare a passare il portale: ci sarebbe comunque stato qualcuno ad attenderla e accompagnarla.
Gli Anziani, nella loro saggezza, non erano mai stati in pensiero per il destino dei due mondi: che fossimo riusciti nell’impresa o che uno dei due fosse venuto meno perseguendo lo scopo, comunque erano in salvo.
Eravamo convinti di un grande pericolo, preoccupati di infrangere regole, invece il vero pericolo era qualcosa che riguardava solo noi due: quello di perderci dopo esserci trovati; quello di non capire cosa eravamo per l’altro. La Bestia era la nostra, solo la nostra: e non era solo rabbia, era anche le nostre paure che non ci facevano guardare oltre. Gli Anziani lo sapevano, per questo la prova, per questo il libero arbitrio, la libera scelta.
Lei arrivò subito dopo i miei funerali.
Solo il giorno prima, all’ennesima visita dei miei amici, disposi che volevo essere sepolto a terra, in fondo a quel terreno, ai piedi di quella grande quercia con sotto le felci; nessun loro rito religioso e volevo che, al posto di una foto, ci fosse scolpito un lupo, un lupo in rilievo sul marmo bianco. Così fecero.
Non avevo un cognome e sulla lapide misero il loro accanto al mio nome: un bel gesto.
L’amore di un’ala bianca per un un’ala nera, forse una follia. Quest’ultima sapeva superare se stessa?
Non c’era stato tempo per dirsi nulla, non aveva più importanza ora. La vita non va come vorresti e, a volte, non sei forte abbastanza al di là delle intenzioni. Il senso della vita era l’amore, questo lo avevo capito… Avevo amato, ed ero felice così.
Mi cercò per il paese, non so come arrivò lì, come lo seppe o da chi, e immagino che non rimase poi così sorpresa dal cognome che trovò inciso nel marmo, né dall’effige.
Il capo branco le si affiancò e le si sedette vicino a condividere un dolore. Gli altri lupi si misero tutt’intorno in un surreale silenzio allo scendere della nebbia.
Mi sembrò di sentire la sua disperazione passare il terreno e le sue lacrime, cadendo in terra, sembravano cadere sulla mia pelle.
Tutto passa amore mio, tutto passa… Avrei voluto dirle questa bugia per consolarla, ma un dolore per un amore così non passa mai, e ne è uguale e contrario…

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