L'articolo che segue non è mio, ma di una firma che ho lungamente corteggiato: una persona che possiede una chiave di lettura della società davvero poco comune, certamente di prezioso contributo per la comunità. Non è stato semplice convincerla a scrivere, ma ho il piacere di presentare di seguito l'articolo di Sonia Pierangeli. Buona lettura.
"...il mondo non è più quello che era qualche decennio fa; per cui questo è fondamentale: i giovani devono abituarsi all'idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. Del resto, diciamo la verità, che monotonia un posto fisso per tutta la vita: è più bello cambiare, avere delle sfide purché siano in condizioni accettabili; e questo vuol dire che bisogna tutelare un po' meno chi oggi è ipertutelato, tutelare un po' di più chi oggi è quasi schiavo nel mercato del lavoro o proprio non riesce a entrarci." (Mario Monti).
Sento il bisogno, sebbene in ritardo (ma, ahimé, i miei tempi di rielaborazione sono sempre piuttosto lunghi) di intervenire e di esprimere la mia opinione relativamente all'infelice battuta di Mario Monti sulla monotonia del posto fisso. L'occasione mi viene offerta da un dibattito su un social network dove si è polemizzato sul fatto che la frase "...che monotonia un posto fisso per tutta la vita" è stata postata, commentata, criticata, considerandola sempre al di fuori del contesto in cui è stata pronunciata. Ritengo sicuramente giusta l'osservazione per cui ogni affermazione, ogni tipo di realtà vada conosciuta e giudicata in relazione al contesto di cui fa parte, ma le parole dell'attuale Presidente del Consiglio mi si sono presentate, fin da subito, come l'inevitabile risultato di un'argomentazione facilmente ricostruibile e quando ho poi letto la trascrizione dell'intervento, non ho trovato nulla che non mi aspettassi.
Questa sensazione di trito e ritrito, di sfacciata semplicità, è la cosa che più mi ha colpito; tutto l'intervento mi è sembrato improntato su una banalità disarmante e soprattutto stridente con l'indubbia intelligenza dell'uomo Monti. Mi è venuto spontaneo chiedermi perché una persona della sua levatura abbia scelto un linguaggio di questo tipo, questo contrasto in qualche modo ha solleticato la mia curiosità e quindi ho voluto soffermarmi su alcune scelte linguistiche e lessicali operate per la formulazione del messaggio. La facilità di affermazioni come: "...il mondo non è più quello che era qualche decennio fa" o "è più bello cambiare, avere delle sfide " ricorda molto da vicino il linguaggio degli slogan ai quali eravamo abituati fino a qualche mese fa, unica differenza la maggiore sobrietà; dopo circa la terza rilettura, mi sono resa conto che l'attenzione dell'ascoltatore viene sì catalizzata dalla frase che ha suscitato così numerose polemiche, ma tutto il discorso si struttura intorno ad un concetto indirettamente espresso dalle seguenti espressioni: 1) "i giovani devono abituarsi all'idea; 2) "condizioni accettabili": si tratta in pratica dell'invito ad accettare passivamente quanto ci viene propinato come soluzione. Personalmente ritengo che ciò che viene proposto da un governo, politico o tecnico che sia, non possa in alcun modo seguire il principio di accettabilità, bensì quello del riconoscimento e della tutela della dignità di ogni membro della comunità: i risultati conseguiti possono essere accettabili, non certo gli obiettivi proposti; inoltre proporre la sfida come valore positivo e affermare che la si debba accogliere a condizioni accettabili, mi sembra una contraddizione in termini, in considerazione soprattutto della difficoltà che inevitabilmente si affronta nel momento in cui si devono individuare dei parametri oggettivi per stabilire i livelli di accettabilità di una condizione, in rapporto ad una sfida da affrontare: la gamma può spaziare dal semplice poter respirare, al poter studiare, alla possibilità di usufruire parzialmente di beni superflui. Il punto più ambiguo, un'ambiguità di cui solo la banalità può farsi portatrice, è quello in cui il Presidente afferma che bisogna tutelare un po' meno chi oggi è ipertutelato, tutelare un po' di più chi oggi è quasi schiavo nel mercato del lavoro o proprio non riesce a entrarci. Questo significa che l'ipertutelato, perdendo un po' dei suoi privilegi diventerà un semplice super-tutelato e che il quasi schiavo diventerà un poco- meno - che - schiavo? La tutela del diritto al lavoro e di tutti gli altri diritti previsti dalla Costituzione non ci dovrebbe essere tout court? Si può tutelare un po' il diritto ad avere una casa, una famiglia, una pensione, un sistema sanitario, un'istruzione pubblica, insomma una vita dignitosa e soddisfacente?
Non ho intenzione di concludere con una interpretazione univoca e definitiva delle parole di Monti, ma non posso comunque non tener conto del fatto che ogni forma di comunicazione prevede la trasmissione di un messaggio, ma anche il raggiungimento di uno scopo; soprattutto non posso non tener conto di una cosa di cui sono fermamente convinta: le parole hanno un peso, una consistenza, un valore e, citando un vecchio detto indiano, bisogna fare attenzione a quello che si dice perchè le parole costruiscono il mondo intorno a noi ... se tanto mi da tanto...
Qui finisce l'articolo, e l'autrice non ha inteso dare una lettura univoca delle parole pronunciate dal sig. Monti. Ma il blog si chiama Punto di Vista @ Stefano, dunque mi sembra opportuno riportare, in calce all'articolo, la mia chiave di lettura dell'intervento:
La frase, che così tanto scalpore ha suscitato, seppure infelice, scoordinata, avventata, ha avuto la funzione di attirare l'attenzione e fungere da diversivo al fine di far entrare nella mente della popolazione dei concetti senza la dovuta attenzione critica. I contenuti dell'intervento, tanto bene esposti nell'articolo, avevano il fine ultimo di puntare al ribasso della concezione personale dei diritti e delle aspettative del cittadino, per instillare in lui il docile assoggettamento alla condizione di disagiata pseudo schiavitù all'interno di un sistema economico imposto come unico possibile, in nessun altro modo affrontabile. Il linguaggio, come brillantemente evidenziato nell'articolo, è stato di certo studiato all'uopo: Monti non è uomo da improvvisare parole. Come ho avuto modo di dire precedentemente, Monti è un uomo estremamente intelligente, per questo tanto più pericoloso.
Questa sensazione di trito e ritrito, di sfacciata semplicità, è la cosa che più mi ha colpito; tutto l'intervento mi è sembrato improntato su una banalità disarmante e soprattutto stridente con l'indubbia intelligenza dell'uomo Monti. Mi è venuto spontaneo chiedermi perché una persona della sua levatura abbia scelto un linguaggio di questo tipo, questo contrasto in qualche modo ha solleticato la mia curiosità e quindi ho voluto soffermarmi su alcune scelte linguistiche e lessicali operate per la formulazione del messaggio. La facilità di affermazioni come: "...il mondo non è più quello che era qualche decennio fa" o "è più bello cambiare, avere delle sfide " ricorda molto da vicino il linguaggio degli slogan ai quali eravamo abituati fino a qualche mese fa, unica differenza la maggiore sobrietà; dopo circa la terza rilettura, mi sono resa conto che l'attenzione dell'ascoltatore viene sì catalizzata dalla frase che ha suscitato così numerose polemiche, ma tutto il discorso si struttura intorno ad un concetto indirettamente espresso dalle seguenti espressioni: 1) "i giovani devono abituarsi all'idea; 2) "condizioni accettabili": si tratta in pratica dell'invito ad accettare passivamente quanto ci viene propinato come soluzione. Personalmente ritengo che ciò che viene proposto da un governo, politico o tecnico che sia, non possa in alcun modo seguire il principio di accettabilità, bensì quello del riconoscimento e della tutela della dignità di ogni membro della comunità: i risultati conseguiti possono essere accettabili, non certo gli obiettivi proposti; inoltre proporre la sfida come valore positivo e affermare che la si debba accogliere a condizioni accettabili, mi sembra una contraddizione in termini, in considerazione soprattutto della difficoltà che inevitabilmente si affronta nel momento in cui si devono individuare dei parametri oggettivi per stabilire i livelli di accettabilità di una condizione, in rapporto ad una sfida da affrontare: la gamma può spaziare dal semplice poter respirare, al poter studiare, alla possibilità di usufruire parzialmente di beni superflui. Il punto più ambiguo, un'ambiguità di cui solo la banalità può farsi portatrice, è quello in cui il Presidente afferma che bisogna tutelare un po' meno chi oggi è ipertutelato, tutelare un po' di più chi oggi è quasi schiavo nel mercato del lavoro o proprio non riesce a entrarci. Questo significa che l'ipertutelato, perdendo un po' dei suoi privilegi diventerà un semplice super-tutelato e che il quasi schiavo diventerà un poco- meno - che - schiavo? La tutela del diritto al lavoro e di tutti gli altri diritti previsti dalla Costituzione non ci dovrebbe essere tout court? Si può tutelare un po' il diritto ad avere una casa, una famiglia, una pensione, un sistema sanitario, un'istruzione pubblica, insomma una vita dignitosa e soddisfacente?
Non ho intenzione di concludere con una interpretazione univoca e definitiva delle parole di Monti, ma non posso comunque non tener conto del fatto che ogni forma di comunicazione prevede la trasmissione di un messaggio, ma anche il raggiungimento di uno scopo; soprattutto non posso non tener conto di una cosa di cui sono fermamente convinta: le parole hanno un peso, una consistenza, un valore e, citando un vecchio detto indiano, bisogna fare attenzione a quello che si dice perchè le parole costruiscono il mondo intorno a noi ... se tanto mi da tanto...
Qui finisce l'articolo, e l'autrice non ha inteso dare una lettura univoca delle parole pronunciate dal sig. Monti. Ma il blog si chiama Punto di Vista @ Stefano, dunque mi sembra opportuno riportare, in calce all'articolo, la mia chiave di lettura dell'intervento:
La frase, che così tanto scalpore ha suscitato, seppure infelice, scoordinata, avventata, ha avuto la funzione di attirare l'attenzione e fungere da diversivo al fine di far entrare nella mente della popolazione dei concetti senza la dovuta attenzione critica. I contenuti dell'intervento, tanto bene esposti nell'articolo, avevano il fine ultimo di puntare al ribasso della concezione personale dei diritti e delle aspettative del cittadino, per instillare in lui il docile assoggettamento alla condizione di disagiata pseudo schiavitù all'interno di un sistema economico imposto come unico possibile, in nessun altro modo affrontabile. Il linguaggio, come brillantemente evidenziato nell'articolo, è stato di certo studiato all'uopo: Monti non è uomo da improvvisare parole. Come ho avuto modo di dire precedentemente, Monti è un uomo estremamente intelligente, per questo tanto più pericoloso.
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