sabato 23 luglio 2011

Il Vaticano che è in noi

Mi è molto piaciuto un recente discorso di Carla Corsetti (Democrazia Atea) al parlamento europeo. Tra le cose che ha detto, mi ha colpito l'osservazione secondo la quale la presenza del crocifisso nelle aule dei tribunali sopra la scritta "la legge è uguale per tutti", sottointendende in maniera subliminale il concetto di superiorità "divino-cattolica" sulla giustizia laica dell'uomo.

Il "caso del crocifisso nei luoghi pubblici" rimane la cartina di tornasole di un paese costituzionalmente laico profondamente condizionato alle radici dallo strapotere dello Stato Vaticano.
La vicenda mi ha aperto gli occhi sul condizionamento della "gente comune", anche cattolica non praticante o, peggio, non credente, che ha assurdamente difeso incondizionatamente la presenza del crocifisso come fosse un elemento culturale italiano da difendere di fronte ad un "attacco" da parte di una cultura e religione straniere.
Il crocifisso, come da puntuale ingerenza vaticana, è stato declassato dai media e dalla politica italiana stessa da elemento religioso a simbolo culturale pur di essere imposto. Il messaggio è stato prontamente colto dalla "pancia della pecorella italica" che lo ha contrapposto come valida argomentazione (!!!) nei confronti di chi ha cercato di sottolineare la palese ingiustizia nel mantenere questo simbolo nei luoghi pubblici, contravvenendo alla Costituzione italiana (vedi art.3 e 19).
Ovviamente, non solo togliere il crocifisso dai luoghi pubblici è una condotta a tutela di ogni culto e non, ma non rappresenta minimamente una vittoria dello straniero sulla cultura italiana, se non altro perché in Italia proliferano da sempre miriadi di religioni, movimenti atei e agnostici autoctoni.
Era scontato che la lettura intollerante della questione venisse cavalcata dalla parte più xenofoba del nostro paese: la Lega Nord. Da cogliere la sottile ironia nella contraddizione per cui la difesa del crocifisso nei luoghi pubblici, è sostenuta da persone che incarnano valori contrapposti a quelli cattolici di cui si ergono paladini.

Il discorso di Carla Corsetti mi ha fatto riflettere sui condizionamenti psicologici nel quotidiano che avallano il potere della Chiesa cattolica e mi hanno riportato alla mente un discorso sullo sposalizio che, non molto tempo fa ho esposto ad un mio amico:

Lo Sposalizio

Molte persone si sposano in chiesa, anche se non credenti o anche se solo uno dei due futuri sposi lo è. Sposarsi in chiesa viene mediamente avvertito ancora oggi come la modalità più "vera" per unire una coppia, comunque quella socialmente più riconosciuta.
Eppure, per chi non è credente, sposarsi in chiesa per motivi di pura tradizione o usanza rappresenta non solo una scelta incoerente ai propri valori, ma un'inconsapevole "spot pubblicitario" del potere ecclesiastico inviato a tutte le persone coinvolte nella cerimonia.
La questione, per un non credente, non rappresenta solo un mero compromesso personale nei confronti delle usanze o del partner credente, ma anche un'oggettiva "responsabilità" nei confronti degli invitati ai quali inconsciamente si comunica il seguente messaggio: nonostante sono ateo riconosco l'istituzione della Chiesa a cui fornisco il potere di dichiarare valida questa unione. Con questa scelta si è correi nell' "influenzare" gli stessi invitati sottoponendoli all'esposizione del giogo cattolico, contribuendo così a diffondere la sottomissione psicologica alla Chiesa o il compromesso nei suoi confronti, fornendo l'esempio negativo a fare altrettanto in future analoghe situazioni: un matrimonio... ma anche un battesimo, una comunione, una cresima.
Sono questi i messaggi inconsci e subliminali che viaggiano al di sotto di un pensiero razionale, per cui è chiaro che la scelta è stata fatta tanto per...

Come affrontiamo mediamente lo sposalizio, è solo un esempio di quanto siamo indotti a fare e pensare funzionalmente al sistema di potere cattolico. Per cui è poi "normale" che nelle nostre scuole il professore di religione sia formato dagli ambienti vaticani, sono "normali" le ingerenze vaticane nelle decisioni politiche del nostro Stato, nonché tutte le agevolazioni economiche italiane a favore di questo paese estero. Ovviamente i condizionamenti nella vita di tutti i giorni non sono solo da parte di questo potere religioso.

Le nostre vite sono costellate di comportamenti pilotati sin dall'infanzia dei quali nemmeno siamo coscienti: ci si può trovare a difendere un crocifisso nelle scuole in un paese che sarebbe meglio rappresentato dai crocifissi dei due ladroni. L'ho visto fare da persone che non sapevano minimamente di cosa stavano parlando, che non erano consapevoli della storia della propria nazione o (della propria?) religione. Ho visto persone "doppiate" dalla voce dei poteri occulti che pure osteggiano.
Siamo marionette, tutti condizionabili da chi tira le fila, nessuno escluso...
I poteri forti ci manovrano coltivandoci nell'ignoranza, soffiando sulla primordialità dei nostri bassi istinti.
Ognuno di noi, di fronte a questa evidente realtà, per di più reagisce negando: "non siamo mica stupidi!!"... Affermiamo risentiti! Si ostenta una propria indipendenza intellettiva con un moto d'orgoglio che non ci permette di riconoscere il Berlusconi che è in noi, il leghista che è in noi... il Vaticano che è in noi. Crediamo nostro un pensiero indotto: tutto a loro vantaggio, esattamente come loro vogliono.

Vi invito ad ascoltare l'esemplare intervento di Carla Corsetti a cui ho fatto prima riferimento:




Vi invito altresì ad iscrivervi a questo gruppo facebook: Abrogare il concordato fra Stato italiano e Stato del vaticano sostenuto dallo stesso segretario di Democrazia Atea. Ovviamente se vi è cara la vostra libertà.

sabato 9 luglio 2011

Una normale straordinarietà

Pensavo, in questi giorni, al valore della normalità e dell'equilibrio.

Lasciamo stare ora che si può disquisire di cosa è normale e cosa non lo sia: quello dipende dallo stadio della vita che si sta vivendo, dalla cultura che ti ospita, dalla tua apertura mentale che ti permette di allontanarti proprio da quella cultura. Probabilmente quello che oggi ritengo normalità farebbe rizzare i capelli a molte persone. Lasciate stare questo, perché non è su questo che voglio soffermarmi.

Il tempo mi ha insegnato che le cose semplici non lo sono affatto. Quanta normale straordinarietà è contenuta nell'intonazione preoccupata di una madre per le sorti del proprio figlio? Quanto amore contengono quelle sfumature di modulazione di voce? Quanto un figlio può comprendere la bellezza di tutto questo senza pensare quanto sia rompiscatole il proprio genitore?

Se sei in grado di apprezzare l'eccezionale bellezza di alcune semplici cose, allora comprenderai che non è negli estremi che potrai mai trovare altrettanta bellezza.

Il tempo mi ha insegnato che la più grande trasgressione risiede nell'equilibrio che non porta all'eccesso. Quanto è più difficile e impegnativo avere il controllo della propria esistenza piuttosto che lasciarsi andare agli estremi?
L'equilibrio è la conquista cui ogni uomo dovrebbe tendere: probabilmente è uno dei segreti più fondamentali. Ti regala la giusta velocità per assaporare la vita e quelle semplici ma al tempo stesso eccezionali normalità a cui facevo riferimento.
Cos'è l'eccesso se non il bruciare la propria esistenza? Se non una morte ad alta velocità mascherata da intensa vita...
Quando hai corso in macchina a 200 km/h puoi dire di aver toccato molti luoghi: io direi però che non puoi dire di averne visitato nessuno, non ne hai assaporato lo spirito, non hai colto quello che ti potevano regalare. E' davvero importante toccare mille mondi? Io credo che nel conoscerne intensamente uno finisci per scoprire che li conteneva tutti.
Cosa sono le persone che incontri mentre sfrecci come una meteora fuori controllo se non strisciate di luce che ti scorrono ai fianchi? Quali valori gli attribuisci?
E tu perché corri? Quale benzina alimenta il tuo motore? Forse il dolore, forse una cultura che porta ad associare alla parola "normalità" la parola "noia". Quel che è certo è che nella strada dello squilibrio finisci inconsapevolmente per investire molte persone, soprattutto quelle che ti amano, e neghi a te stesso la bellezza e la comprensione di questo sentimento.

L'eccesso ti porta a vivere stati di grande positività e benessere: è una droga regalata da quell'adrenalina che ti fa dimenticare tante brutte cose e crea dipendenza. Ma c'è il rovescio della medaglia: a tanto benessere seguirà altrettanto malessere; a tanto riso altrettanto pianto. A tanto bene altrettanto male.

Ho imparato a non farmi ingannare da chi ride molto, perché nasconde tanto dolore. Ho imparato a diffidare di tanto altruismo, perché cela tanto egoismo. Ho imparato che chi si spende nell'eccesso di bene dovrà pagare il rovescio della medaglia nell'impulso di fare male.

La vita segue la legge dell'equilibrio: ad ogni azione in un senso ne consegue quella nel senso opposto. E' come quando ti allontani dallo specchio: c'è un te che va in una direzione ed uno che va nell'altra, ma entrambi sei tu, anche se spesso non ammetti a te stesso di essere anche l'altro.

Lo specchio è una metafora che può farci comprendere bene molte cose.
Fermarsi davanti a guardarcisi significa familiarizzare con la propria dualità: un risultato tanto difficile quanto essenziale che non appartiene a chi fa della corsa estrema la propria condizione. Uno dei motivi per cui si corre è proprio per non affrontare la sofferenza di stazionarcisi davanti. Invece quel metro quadro innanzi a quella superficie rappresenta uno spazio di grande importanza per conoscere sé stesso e di riflesso tutto il resto.
Ma per guardare davvero la vita nella sua interezza il segreto è avvicinarcisi a tal punto da essere lo specchio stesso: solo così la vita si rifletterà in te.